Cranio di ippopotamo è stato individuato nella piana di Colfiorito, nei siti di studio di Collecurti e Cesi (MC). Il reperto fossile è stato datato al periodo Galeriano (1.000.000 di anni fa circa) e attualmente si conserva presso il Museo delle Scienze dell’Università di Camerino (MC).
Recupero di reperti ossei fossilizzati
Per la raccolta di materiale fossile di grandi dimensioni sono presenti due modi:
- reperto fossile inglobato in sedimenti sabbiosi, argillosi o ghiaiosi. Un’operazione importante da eseguire durante la fase preparatoria al recupero vero e proprio consiste nel contrassegnare i frammenti corrispondenti con linee colorate e tracciate perpendicolarmente alle singole fratture; tali contrassegni consentiranno di ridurre di molto il tempo necessario, poi, in laboratorio per ricollegare i vari pezzi. È inoltre opportuno, prima di procedere nello scavo, rilevare tutti gli elementi concernenti la giacitura delle ossa mediante misurazioni, fotografie, disegni e rilievi fotografici di dettaglio. Nel recupero di uno scheletro con ossa in connessione anatomica è buona norma riportare opportuni numeri d’ordine, sia sulle singole vertebre, sia sulle costole: ciò faciliterà, in seguito, il restauro e il montaggio di tutto lo scheletro. Può anche essere utile l’aver fissato, per mezzo di fotografie e disegni, la posizione del fossile nel giacimento. Per il recupero vero e proprio il reperto viene circoscritto scavandogli intorno una trincea, più o meno larga a seconda delle possibilità di operare; la parte sporgente del fossile viene ripulita con spatoline, raschietti e pennelli e isolata dalla matrice sabbiosa o argillosa per la metà circa del suo spessore; l’altra metà, rimasta nel terreno, viene isolata, avendo cura di mantenerle intorno un certo spessore di terra. Si scavano, dunque, sotto il pezzo, alcune gallerie perpendicolari all’asse maggiore di quest’ultimo, in numero variabile secondo la grandezza del reperto stesso. I pilastri che rimangono tra le gallerie vengono gradualmente assottigliati, fino a un certo limite. Il pezzo è, poi, ricoperto con carta di giornale, in precedenza inumidita per farla aderire meglio. Sulla carta viene applicata una camicia di strisce di juta inumidite e immerse in una poltiglia di gesso. Se il reperto è di dimensioni notevoli (oltre 50 cm), è indispensabile un’armatura di travetti di legno tagliati a misura. Quando il gesso ha fatto presa, si tagliano con una spatolina le basi dei pilastri e si capovolge il tutto su un cuscino di terra, preparato a fianco del pezzo ingessato. Il reperto così trattato non subirà, in questa fase, alcuna frattura e sarà pronto per essere trasportato in laboratorio per il restauro. Una tecnica più moderna per il recupero di materiale fossile è quella dell’uso del poliuretano espanso. I vantaggi di quest’ultimo metodo sono molteplici: permette di lavorare in giornate di pioggia o in condizioni di elevata umidità che ostacola la “presa” del gesso; il poliuretano è leggero e questo facilita le operazioni di recupero di fossili di notevoli dimensioni; il reperto inglobato in questo polimero è maggiormente protetto da eventuali urti e scuotimenti durante il trasporto.
- Reperto fossile inglobato in materiali duri e compatti. In questo caso si delimita il fossile e si costruisce attorno una trincea di lavoro, utilizzando mazze e scalpelli; per precauzione, non si lavora a contatto con il fossile, ma lasciando intorno ad esso un margine di sicurezza di 10–20 cm. Nello scavo della trincea s’individuerà la superficie di strato che delimita inferiormente il blocco fossilifero. Se le sue dimensioni sono notevoli, tali da non permettere il recupero in un unico pezzo, si cercherà di sezionarlo, utilizzando le superfici naturali di discontinuità o, al limite, producendo una rottura artificiale, tale però da non pregiudicare la significatività del reperto stesso. Se necessario, i blocchi sono consolidati con indurenti e poi possono essere rinforzati da una camicia di gesso. Per non correre il rischio di graffiare il reperto affiorante dall’involucro naturale, si può proteggere applicando sul blocco fossilifero uno strato di gomma. Quest’operazione va preceduta dall’applicazione di un distaccante (olio di silicone o altro materiale inerte), per facilitare, in un secondo tempo, il distacco della matrice di gomma dalla lastra. Il pezzo (o i pezzi) portato in laboratorio è successivamente sottoposto al restauro.
Restauro
La presentazione dei reperti fossili per l’esposizione o per lo studio richiede diverse fasi operative che iniziano con la liberazione del pezzo dalla camicia di gesso o di poliuretano; si prosegue con un’accurata ripulitura effettuata con strumenti adatti, come raschietti, spazzolini d’acciaio o di setola. Le superfici di rottura dei frammenti devono essere ben pulite perché, una volta trovati i contatti, le ossa possono essere ricomposte perfettamente.
Nel caso in cui il reperto debba essere isolato dalla roccia che lo ingloba esternamente, si deve prima liberare il fossile dall’involucro protettivo in gesso; poi dalla roccia, creando alcune scanalature intorno ad esso con un trapano. In seguito si libera il reperto dalle concrezioni di roccia rimaste, usando sottili scalpelli. Se l’osso, a causa delle vibrazioni, tende a fratturarsi, si può proteggere rinforzandolo con strisce di carta adesiva o con bende di tela precedentemente immerse in un particolare mastice a caldo (preparato a base di gesso, bianco di zinco, paraffina, pece greca e cera vergine d’api); questo, raffreddandosi, aderisce perfettamente alla superficie del reperto, creando una superficie protettiva che, a operazione ultimata, potrà facilmente essere asportata con un bisturi o un raschietto affilato. In caso di reperto di grandi dimensioni, le bende potranno essere rinforzate utilizzando dei tondini o una piattina di ferro, opportunamente sagomati.
Se il fossile è già isolato dalla matrice, occorre procedere con un indurimento. Quando le condizioni di fossilizzazione lo consentono, questo trattamento è effettuato immergendo, fino a saturazione, il fossile in un indurente. Se il procedimento per immersione non è attuabile poiché i reperti sono troppo fragili e si sgretolano, si applica un indurimento con pennello. Se i fossili devono rimanere nella matrice, si ripulisce il pezzo e si consolidano le parti ossee, eventualmente sporgenti dalla matrice; con sottili scalpelli si rende, poi, evidente l’osso.
Montaggio ed esposizione di scheletri in Museo
Nel montaggio di scheletri completi, la posizione anatomica nella quale il reperto sarà esposto deve essere il più naturale possibile: sarà utile, in tale contesto, osservare e studiare preliminarmente i movimenti degli animali attuali più simili a quello in preparazione. Lo scheletro può essere montato su sagoma di legno riproducente l’animale vivente, oppure su pedana a terra, visibile da tutti i lati. Il tecnico, nella preparazione del materiale portante, dovrà tenere in considerazione le esigenze del pubblico, che ha la necessità di immaginare l’animale nella sua completezza e, al contempo, quelle dello studioso, che deve sempre avere a disposizione le singole parti per le proprie ricerche.
Per la ricostruzione su sagoma bisogna disegnare tutte le ossa dell’animale, comprese quelle mancanti. Una volta che la posizione è soddisfacente, si procede unendo il più possibile i vari elementi scheletrici fra loro con leggere armature e riducendo al minimo i collegamenti tra le ossa e il tabellone. È regola per l’esposizione sia su tabellone, sia su pedana a terra, scegliere sempre supporti metallici adeguati, ma dello spessore minimo necessario al sostegno; si dovrà, inoltre, assicurare la massima aderenza fra l’osso e il modello, sagomando quest’ultimo con il maggior dettaglio possibile e facendolo passare nei punti meno visibili. Le ossa degli scheletri sono fissate su staffe portanti, mediante mollette di ottone o altro materiale elastico, in modo da facilitarne l’estrazione in caso di necessità. Nel montaggio delle ossa si devono tenere in considerazione anche gli spessori che avevano le cartilagini nel vivente, inserendo fra le articolazioni del feltro, opportunamente tagliato.
Per il montaggio su pedana a terra, invece, si studia la posizione finale dello scheletro e si modellano le staffe portanti degli arti, che dovranno fungere da sostegno a tutto l’insieme; l’operazione presenta diverse difficoltà perché, oltre che un valido risultato estetico, si deve ottenere anche una definitiva stabilità dello scheletro.