Il teatro è considerato tra i monumenti più significativi del mondo romano alla luce dell’importanza sacrale, politica e rappresentativa di cui era connotato.
Il termine latino theatrum corrisponde al greco θέατρον e deriva dal verbo θεαομαι che significa “guardo, sono spettatore”. In origine il vocabolo indicava unicamente la massa di persone riunite per assistere agli spettacoli, poi venne esteso al luogo in cui questi si tenevano e dal IV secolo a.C. quest’uso del termine venne codificato per designare l’area in cui si tenevano le rappresentazioni drammatiche.
Non ci è pervenuta nessuna fonte scritta che attesta l’esistenza di un teatro nella colonia romana di Parma. Tracce archeologiche vennero alla luce per la prima volta nel luglio del 1844. L’occasione furono i lavori di scavo condotti nel tratto di Via Farini compreso tra Strada al Ponte Caprazucca e Porta Nuova, per la costruzione di gallerie sotterranee per le tubazioni dell’acquedotto voluto dalla duchessa Maria Luigia. Fu Michele Lopez a condurre i lavori, coadiuvato dall’architetto Montacchini, e i risultati degli scavi furono resi noti da Lopez in quattro lettere pubblicate tra il 1844 e il 1847, nelle quali ricorda che «quasi dirimpetto alla chiesa di Sant’Ulderico, alla profondità di circa quattro metri, vennero in luce alcuni scaglioni semicircolari, che invitarono ad allargare gli scavi, i quali condotti con buona fortuna mostrarono le rovine dell’antico teatro».
Nel 1937, in occasione della realizzazione di condotte fognarie in Borgo Felino, Giorgio Monaco ebbe l’occasione di riprendere le indagini sul teatro. L’intervento si rivelò un’importante svolta per il perfezionamento della planimetria del teatro ipotizzata da Lopez: i saggi effettuati riportarono alla luce tratti murari degli anelli di recinzione e dei cunei delle gradinate.
In seguito, nel giugno del 1972, alcuni saggi di scavo condotti in occasione della costruzione della palestra della Scuola Sanvitale, prospiciente i piazzali Santafiora e Sant’Uldarico, identificarono muri in sesquipedali romani e conglomerato, molto probabilmente da riferirsi alle sostruzioni del palcoscenico (pulpitum).
Da quanto finora rinvenuto, sembra evidente come l’edificio fosse impiantato su sostruzioni radiali e concentriche ad arcate, realizzate in conglomerato di malta e ciottoli, regolarizzate con filari di laterizi. A livello del piano stradale, tra il sistema di fondazioni interno e le murature esterne in elevato, correva un ambulacro coperto da volta anulare.
Sottoscavata per 1,5 metri, l’orchestra misurava 23 m di diametro e aveva un pavimento in cocciopesto ravvivato da inserti marmorei. In marmo era probabilmente il rivestimento delle prime quattro file di gradinate della cavea, di 88 metri di diametro, in mattoni quelle restanti. Il canale dell’aulem, il sipario che chiudeva la scaena, era pavimentato a cubetti fittili e la scena, lunga 52 m, era riccamente decorata. Tra i reperti a essa pertinenti figurano mascheroni, oscilla marmorei, statue iconiche e ornamentali frammentarie sia in bronzo che in marmo lunense.

Maschera dionisiaca, Teatro romano di Parma. Marmo, h cm 24, (MANPr).

Maschera tragica, Teatro romano di Parma. Marmo, h cm 38. (MANPr).
Le gradinate (gradationes) erano divise in sei cunei, racchiusi anteriormente da sostruzioni rettilinee e raccordate internamente da altre murature curve a sviluppo concentrico.
Nella parte più bassa della cavea (ima cavea) le sostruzioni curvilinee mostravano una larga gettata con struttura piena ad anello, che mantiene ancora l’imposta di sei gradini; nella zona mediana correva una coppia di muri curvi uniti da una volta a botte anulare, così da formare un ambulacro pavimentato in cocciopesto con inserti marmorei, al quale, nella parte superiore, corrispondeva un pianerottolo semicircolare che divideva le gradinate in due settori: moenianum inferior e superior. Altri due muri si sviluppavano lungo la fronte esterna dell’emiciclo, dove si trovava un secondo ambulacro perimetrale.
Il palcoscenico, profondo circa 5 metri, era probabilmente in legno e sul retro, oltre il grande fondale scenico realizzato in muratura, si sviluppava un ampio postscaenium: la larghezza del palco era di 52 metri e doveva ospitare versurae e parascaenia, come impianti laterali di quinta e delimitazione scenica.
Della precisa articolazione architettonica dell’edificio scenico sappiamo poco; ciò nonostante, per quanto riguarda il frontescena (scaenefrons) si può ricordare la scoperta di un tratto di fondazione lineare. Per quanto riguarda gli ornamenti architettonici erano ricchi e vari, la gran parte dei materiali decorativi, tuttavia, era caratterizzata da membrature marmoree di tipo lunense, destinate ad abbellire i prospetti e i fondali scenici: il pulpitum, scandito da piccole colonne e capitellini, e il frontescena, con più elaborate architetture a colonne lisce e scanalate con capitelli corinzi, su cui si distendevano eleganti trabeazioni e soffitti a lacunari.
La decorazione scultorea e architettonica conservata offre un valido supporto per la determinazione della cronologia del complesso teatrale, dato che la sicura attribuzione all’età augustea-tiberiana di larga parte di esse consente di datare al principato di Augusto l’originario impianto dell’edificio. Ulteriori interventi di arricchimento dell’apparato decorativo possono essere ricondotti a un arco di tempo compreso tra la piena età giulio-claudia e il II sec. d.C.
È interessante notare che il teatro si trovava al di fuori della scacchiera urbana e, orientato a sud-est, chiudesse con la scaena a sud il cardine massimo, addossandosi con la cavea all’argine del torrente. Studi recenti hanno evidenziato che la struttura non era perfettamente aderente al canone vitruviano, ma era stata adattata alla morfologia del luogo.
In copertina: Schema vitruviano applicato al teatro romano di Parma (Disegno I. Fioramonti).
Bibliografia: M: CATARSI, Storia di Parma. Il contributo dell’archeologia, in Storia di Parma 2009, pp. 444-450; G. BIGLIARDI, Atlante Archeologico del Comune di Parma, 2010.