Le imponenti arcate in pietra che oggi possiamo ammirare nel sottopassaggio di Via Mazzini, sono tutto ciò che resta visibile di un ponte di almeno 140 metri di lunghezza conservato sotto il manto stradale di Via Mazzini e che, in antichità, permetteva di attraversare la Parma.
Le prime tracce vennero scoperte nel gennaio del 1858, quando l’allora ispettore dei lavori comunali, l’ingegnere Martelli, annunciò il rinvenimento della testata di un ponte e chiese, purtroppo senza successo, dei fondi per ampliare gli scavi. In quell’occasione era stata la demolizione di un edificio detto il “Toriazzo”, edificio allora collocato nell’attuale slargo tra Via Mazzini e Via Carducci, a mettere in luce la presenza del reperto.

Resti di arcate del ponte di pietra rinvenuti negli anni Sessanta in occasione degli sterri di Via Mazzini (Foto SAER).
Nella seconda metà degli Anni Cinquanta, Corradi Cervi, ispettore onorario alle antichità, e l’ingegnere comunale Marcellini realizzarono il primo rilievo della struttura visitando le cantine di alcuni edifici di Via Mazzini. Il rilievo effettuato all’epoca è ancora oggi l’unico pressoché completo, risulta mancante soltanto delle ultime due arcate occidentali, cioè quelle oggi visibili nel sottopassaggio.

Resti di pile del ponte di pietra rinvenuti negli anni Sessanta in occasione degli sterri in Via Mazzini (Foto SAER).
Nel 1966, i lavori per la realizzazione dell’edificio posto all’angolo tra Strada Mazzini e Via Oberdan misero in luce le prime due arcate del ponte; i lavori furono bloccati dalla Soprintendenza per elaborare un progetto di recupero. Dopo quasi un anno di inutili discussioni tra Soprintendenza e Comune, nel novembre del 1967 il sindaco Baldassi decise di rinterrare le strutture, che rimasero così sepolte sotto il nuovo edificio. Nello stesso anno l’Amministrazione Comunale realizzò il sottopassaggio pedonale di Via Mazzini, che venne inaugurato l’anno seguente, recuperando e lasciando a vista le ultime due arcate del ponte.
Dai rilievi elaborati negli Anni Cinquanta risulta che il ponte presentava una successione di dieci arcate, una delle quali, la settima da est, andò irrimediabilmente distrutta durante l’ultimo conflitto mondiale. Tuttavia, l’andamento a schiena d’asino suggerita dal graduale innalzamento del piano stradale da est a ovest e la posizione del nodo di irraggiamento delle strade a occidente del centro cittadino – più o meno al centro dell’attuale alveo del torrente Parma – suggeriscono che il ponte proseguisse ancora verso ponente.
Le arcate del ponte sono a tutto sesto, fatta eccezione per l’ottava che ha probabilmente subito rimaneggiamenti, e misurano ciascuna un’ampiezza compresa tra i 9 e gli 11 metri. Sono realizzate con grossi blocchi di pietra di spessore e lunghezza variabili (50-90 cm) e da pietrame di pezzatura minore con inzeppature di ciottoli.
Per quanto concerne le pile, la documentazione pervenuta riguarda solo le due più orientali e quella visibile nel sottopassaggio di strada Mazzini. Tutte le tre arcate sono caratterizzate da un rostro frangiflutti posto verso monte. Le prime due arcate sono realizzate con un nucleo interno in conglomerato cementizio rivestito da grossi ciottoli con blocchi di pietra squadrati, la maggior parte di riutilizzo, inseriti nei punti di maggior usura, in particolare nel rostro frontale. La terza pila, più occidentale, presenta un nucleo interno rivestito di grossi blocchi di pietra squadrati.
La sede stradale presenta due diverse ampiezze: in corrispondenza della prima arcata misura 4,6 m, dopodiché si stringe a 3,8 m.

Resti delle arcate del ponte di pietra musealizzate nel sottopasso di Via Mazzini.
L’eterogeneità dei materiali di cui pile e arcate sono costituite, così come i diversi tipi di malta impiegati, suggeriscono la successione di numerosi rimaneggiamenti e restauri nel corso del tempo. Sono oggi ben poche le informazioni che ci permettono di ricostruire con certezza quando il ponte venne realizzato. L’ipotesi più diffusa, ma per la quale non sussistono reali dati archeologici, è che il ponte venne edificato su ordine di Augusto alla fine del I sec. a.C., per poi subire un rimaneggiamento all’epoca di Teodorico all’inizio del VI sec. d.C.
In realtà, è certo solamente che venne edificato prima della rotta che causò lo spostamento del torrente verso ovest, avvenuta nel 1177 o 1180, e rendendo così inutile la struttura. In seguito alla disastrosa alluvione, il ponte venne infatti sostituito da un altro ponte in muratura, il pons Solariorum o Mocum, costruito nel 1287 poco più a monte. Le arcate vennero chiuse ad eccezione di quella più alta, che doveva permettere il passaggio da una parte all’altra della ‘Ghiaia’, il vecchio letto del fiume divenuto area di mercato. Solo nel 1547 il duca Pier Luigi Farnese fece abbattere le case sorte sul ponte di pietra e lo fece prolungare, ripristinando così l’originario percorso della Via Emilia.
Ricostruzione del Ponte di Pietra (A. Milan).
Bibliografia: M. CATARSI, Storia di Parma. Il contributo dell’archeologia, in Storia di Parma, 2009, pp. 405-408; G. BIGLIARDI, Atlante Archeologico del Comune di Parma, 2010.
In copertina: Resti delle arcate del ponte di pietra rinvenuti negli anni Sessanta e musealizzate nel sottopasso di Via Mazzini. (Foto G. Amoretti).