09. Parma Romana: Anfiteatro (Borgo Lalatta)

I resti dell’anfiteatro parmense vennero rinvenuti nel 1846, in seguito a lavori condotti per l’ampliamento del Collegio Maria Luigia e, più tardi, in occasione della realizzazione di un tronco di fognatura in Borgo Lalatta nel 1933. Vennero scoperti quattro tratti di un muro ad andamento curvilineo, interpretato come l’anello perimetrale dell’anfiteatro. Parallelamente a questo muro, alla distanza di 3 metri, venne individuato un altro muro da cui dipartivano verso l’interno setti murari disposti a raggiera; questi muri erano realizzati in pietrame intervallato da corsi di mattoni. I dati raccolti hanno permesso di ipotizzare le misure dell’asse maggiore (133 metri) e di quello minore (97 metri), con una capienza di circa 20.000 spettatori.

Nel mondo romano l’anfiteatro era l’edificio deputato allo svolgimento di spettacoli gladiatori e di venationes, cioè gli scontri tra gladiatori e animali selvatici. La tradizione dei combattimenti gladiatori, maturata in Grecia tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C e di qui passata in Etruria e a Roma, era originariamente parte integrante del rito di sepoltura dei defunti. Il primo spettacolo di questo tipo venne effettuato a Roma in occasione delle esequie di Bruto Pera nel 264 a.C.; da allora tali combattimenti proseguirono fino all’età di Cesare quando, perduta la connotazione strettamente funeraria, divennero spettacoli veri e propri.

L’anfiteatro di Parma è citato più volte nelle fonti antiche, ma ne vennero individuati i resti solamente nel 1846, in seguito a lavori condotti per l’ampliamento del Collegio Maria Luigia, e nel 1933, in occasione della realizzazione di un tronco di fognatura in Borgo Lalatta. Su un fronte di 60 metri vennero scoperti quattro tratti di un muro ad andamento curvilineo di 3 m di spessore, interpretato come l’anello perimetrale dell’anfiteatro. Parallelamente a questo muro, alla distanza di 3 metri, venne individuato un altro muro da cui dipartivano verso l’interno setti murari disposti a raggiera. Questi muri erano realizzati in pietrame intervallato da corsi di mattoni. In corrispondenza di quest’area sono stati trovati alcuni frammenti di lastre marmoreemonete, il tronco di una piccola statua in marmo interpretata come il simulacro di Diana Efesina e un frammento di epigrafe funeraria.

Resti dell’anfiteatro romano reimpiegati nelle murature del Collegio di Maria Luigia.

Sulla base di questi rinvenimenti è stato ipotizzato che gli assi dell’edificio dovevano misurare circa 133 metri, quello maggiore, e 97 metri, quello minore, con una capienza di circa 20.000 spettatori. L’anfiteatro risultava così occupare una vasta area compresa tra l’ala meridionale di Palazzo Marchi a nord, Borgo Lalatta e l’imbocco di strada Nuova a est, il Collegio Maria Luigia a sud e Via Fra Salimbene a ovest, distinguendosi per dimensioni dagli altri conosciuti in Emilia Romagna e avvicinandosi, invece, al tipo pompeiano.

L’anfiteatro di Parma sorgeva a una certa distanza dal nucleo principale della città: una collocazione scelta per motivi logistici al fine di evitare il concentramento di grandi folle e garantire l’ordine pubblico. Nelle vicinanze dell’edificio sorgeva probabilmente una struttura deputata all’alloggio e agli allenamenti dei gladiatori insieme a un’area sepolcrale destinata alla sepoltura dei morti in combattimento.

L’anfiteatro, così come il teatro, doveva rientrare nella progettazione urbanistica di età augustea volta alla monumentalizzazione della città: con la loro mole e i ricchi apparati figurativi, contribuivano infatti a creare un effetto fortemente scenografico per chi entrava in città.


In copertina: Rilievo di G. Martelli dell’anfiteatro romano di Parma del 1845. MANPr, Archivio Stampe e Disegni. (Foto SAER).

Bibliografia: M. CATARSI, Storia di Parma. Il contributo dell’archeologia, in Storia di Parma 2009, pp. 451-456; G. BIGLIARDI, Atlante Archeologico del Comune di Parma, 2010.