Autore: Sconosciuto
Cronologia: Roma augustea
Datazione: 9 a.C.
Tipologia: Scultura a tutto tondo
Luogo di conservazione: Lungotevere in Augusta (Roma)
Misure: (L. x l.) x H. = (11,65 m. x 10,62 m.) x 3.68 m.
Ara Pacis Augustae (Altare della pace augustea) è un altare dedicato da Augusto nel 9 a.C. alla Pace, nella sua accezione di divinità, e originariamente posto in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie, luogo emblematico perché posto a un miglio (1.472 m) dal pomerium, limite della città dove il console di ritorno da una spedizione militare perdeva i poteri ad essa relativi (imperium militiae) e rientrava in possesso dei propri poteri civili (imperium domi).
Il 4 luglio del 13 a.C. il Senato decise la costruzione di un altare dedicato a tale raggiungimento in occasione del ritorno di Augusto da una spedizione pacificatrice di tre anni in Spagna e nella Gallia meridionale. Il monumento era collocato con un’entrata sull’antica via Flaminia e una verso il Campo Marzio. Nel II secolo d.C. il livello della zona si alzò notevolmente e l’ara dovette essere circondata da un muro di mattoni: ormai sporgeva dal terreno solo a partire dai fregi figurati.
La scoperta dei primi blocchi scolpiti appartenenti all’altare risale al 1568, sotto Palazzo Peretti in via in Lucina, sito di un teatro, in seguito trasformato in un cinema. Questi rilievi presero varie strade: per esempio la Saturnia tellus entrò nelle collezioni medicee e finì agli Uffizi. Altri scavi risalgono al 1859, quando furono recuperati il rilievo di Enea e la testa di Marte del rilievo del Lupercale. Nel 1879 von Duhn riconobbe i frammenti come provenienti dall’Ara di Augusto. Nel 1903 e nel 1937-1938 furono intrapresi scavi regolari, conclusi quando, ricomposte tutte le parti, l’altare fu collocato in un padiglione appositamente costruito presso il Mausoleo di Augusto, a ridosso del lungotevere nel luogo dove sorgeva la dogana del Porto di Ripetta, e ad una certa distanza dal luogo dove doveva originariamente trovarsi (sotto il palazzo Fiano-Peretti).
L’aspetto dell’Ara Pacis è stato ricostruito grazie alla testimonianza delle fonti, agli studi durante gli scavi e alle raffigurazioni su alcune monete romane.
L’Ara Pacis è costituita da un recinto quasi quadrato in marmo (m 11,65 x 10,62 x h 3.68), elevato su basso podio, nei lati lunghi del quale si aprivano due porte, larghe 3,60 metri: a quella anteriore si accede da una rampa di nove gradini; all’interno, sopra una gradinata, si erge l’altare vero e proprio. La superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno e interno. Nelle scene la profondità dello spazio è ottenuta mediante differenti spessori delle figure.
Quattro pilastri angolari corinzi, più altri quattro ai fianchi delle porte, sono decorati sull’esterno da motivi a candelabro e lisci all’interno. Essi sostengono l’architrave (interamente ricostruita) che, secondo le raffigurazioni monetarie, doveva essere coronata da acroteri.
L’esterno è decorato da un fregio figurato in alto e da elaborati girali d’acanto in basso. I due ordini sono separati da una fascia a meandro: queste fasce decorate si interrompono quando incontrano i pilastri per poi proseguire sugli altri lati.
Nella parte bassa si ha un’ornamentazione naturalistica di girali d’acanto e, tra essi, piccoli animali (per esempio lucertole e serpenti). I girali si dipartono in maniera simmetrica da un unico cespo che si trova al centro di ogni pannello. Possiamo notare un’eleganza e una finezza d’esecuzione che riconducono all’arte alessandrina. La fascia figurata si divide in quattro pannelli sui lati delle aperture (due per lato) e un fregio continuo con processione-assemblea sui lati lunghi, che va letto unitariamente come un’unica scena.
La superficie interna del monumento reca nel registro inferiore scanalature verticali simulanti una palizzata, riproduzione di quella provvisoria eretta alla constitutio dell’ara. Questo steccato, presente negli altari romani più antichi fin dal VII-VI secolo a.C., veniva ancora costruito per i templi augurali che precedevano il luogo sacro vero e proprio.
In quello superiore si trovano festoni sorretti da bucrani, cioè crani di buoi con ghirlande, con al centro, sopra le ghirlande, dei phialai. Anche questo motivo deriva dalla costruzione provvisoria lignea del 13 a.C. tra i due ordini corre una fascia a palmette e fiori di loto.
L’altare è costituito da un podio di tre gradini su ciascun lato, sul quale poggia un basamento che presenta altri cinque gradini solo su un fronte, dove passava il sacerdote che celebrava il sacrificio sulla mensa, utilizzata per le offerte delle spoglie di animali e stretta tra due avancorpo laterali.
La mensa occupa tutto lo spazio interno del recinto dal quale è separata da uno stretto corridoio il cui pavimento è leggermente inclinato verso l’esterno. Le due sponde laterali presentano un pulvino di coronamento con girali vegetali e leoni alati.
L’altare è decorato con personaggi femminili sullo zoccolo, allegorie forse delle province dell’Impero, mentre nel fregio superiore che gira all’interno ed all’esterno della mensa vi è la raffigurazione del sacrificio che vi si celebrava annualmente, con le Vestali ed il pontefice massimo (all’interno), accompagnati (nel rilievo esterno) da camilli, sacerdoti vittimarii e dagli animali destinati ai suovetaurilia: di questo rilievo è ben conservata solo la fiancata sinistra.
Sull’altare le figure sono rappresentate ad altissimo rilievo, ben diverse da quelle dei piani sovrapposti nel recinto esterno. Tali contrapposizioni, ben illuminanti sulla bipolarità dell’arte romana, si ritrovano anche negli archi trionfali, nei pannelli con scene di diverso tipo (allegorico e allusivo contro scene tratte dalla realtà idealizzata).