Come venivano realizzati gli affreschi

Come venivano realizzati gli affreschi

L’Aula grande, detta degli Orazi e Curiazi dal soggetto di uno degli affreschi, era destinata alle udienze del Consiglio Pubblico. L’incarico di decorare la sala fu affidato nel 1595 a Giuseppe Cesaridetto il Cavalier d’Arpino (1568-1640), esponente di spicco del manierismo romano. La conclusione dei lavori era prevista per il Giubileo del 1600, ma nel 1613 erano compiute solo le prime tre scene. Dopo una interruzione di oltre vent’anni i lavori terminarono nel 1640. Il ciclo degli affreschi illustra alcuni episodi della storia delle origini di Roma narrati dallo storico Tito Livio. Le scene fingono una serie di arazzi divisi, nei lati lunghi, da festoni di frutta e fiori, trofei d’armi e vasi lustrali. Alla base delle pareti è un fregio a finto marmo di Cesare Rossetti con medaglioni monocromi recanti episodi storici. In ordine di esecuzione il ciclo inizia da:

  • Ritrovamento della lupa con Romolo e Remo (1596): Faustolo scopre sotto i rami di un fico, sulla riva del Tevere, la Lupa che allatta Romolo e Remo. Nella figura della lupa è evidente il richiamo alla Lupa capitolina conservata nel palazzo e simbolo della città;
  • Battaglia di Tullo Ostilio contro i Veienti e i Fidenati (1597-1601): con vivacità è rappresentato un episodio della guerra di espansione intrapresa dai Romani contro le città vicine al tempo di Tullo Ostilio, terzo re di Roma;
  • Combattimento tra gli Orazi e Curiazi (1612-1613): episodio della guerra di Roma contro la vicina città di Albalonga che si concluse con un duello tra i rappresentanti di Roma, gli Orazi, e quelli di Albalonga, i Curiazi. Gli eserciti contendenti assistono alla scena finale del duello, quando l’ultimo degli Orazi sta per colpire l’ultimo degli avversari;
  • Ratto delle Sabine (1635-1636): in primo piano è il gruppo delle donne Sabine rapite dai Romani per popolare la città da poco fondata. L’affresco, eseguito dopo circa vent’anni d’interruzione, condivide con le ultime due scene una tecnica pittorica più rapida e sommaria, tipica della tarda maniera del Cavalier d’Arpino;
  • Numa Pompilio istituisce il culto delle Vestali e dei sacerdoti (1636-1638): al centro della scena, sullo sfondo di un grandioso scorcio architettonico, arde sull’altare il fuoco sacro che le Vestali dovevano custodire sempre acceso;
  • Romolo traccia il solco della Roma quadrata (1638-1639): la mitica fondazione di Roma, Romolo delimita i confini della città tracciando un solco con l’aratro.

 

Passaggi per ottenere una buona pittura a fresco

La pittura a fresco, comunemente conosciuta come affresco, viene chiamata così perché si esegue su un intonaco fresco, cioè appena steso e quindi saturo d’acqua. Il colore viene completamente inglobato nell’intonaco che, asciugando, si combina con l’anidride carbonica dell’aria e forma il carbonato di calcio, acquistando particolare resistenza all’acqua e al tempo. I colori sono costituiti da pigmenti che non contengono fissativi, ma vengono mescolati al latte di calce e, una volta stesi sulla malta, si compenetrano con il supporto. Una delle sue migliori caratteristiche è la durata nel tempo, molto maggiore della pittura a secco.
Nella pittura a fresco, poiché l’intonaco assorbe immediatamente il colore, la lavorazione deve essere veloce ed eseguita senza errori, perché non è possibile apportare correzioni o ritocchi. Per ovviare a questo problema, normalmente l’opera si realizza in piccole porzioni, definite giornate, provvedendo di volta in volta ad applicare l’intonaco sulla parte che si deve dipingere. Sono diversi i passaggi da seguire per ottenere una pittura secondo tale tecnica:

  1. bisogna procedere al rivestimento del muro, che avviene secondo queste fasi:
    1. rinzaffo. È la stesura del primo strato di intonaco. Viene preparato con uno strato di calcina grassa e sabbia; si presenta molto ruvido e grossolano per permettere una buona adesione allo strato successivo. Questo strato ha la funzione di rendere il muro regolare ed omogeneo;
    2. arriccio. È la stesura del secondo strato di intonaco. Ha la superficie leggermente arricciata, ruvida, ma meno irregolare del rinzaffo. Su questo strato si esegue il disegno;
    3. esecuzione del disegno. Quando l’arriccio è sufficientemente asciutto, ma non ancora secco, si riporta il disegno sulla parete. I principali metodi sono:
      1. disegno con il carboncino. Si può disegnare sulla parete con il carboncino, che è facile da correggere e cancellare. Ci si può aiutare riportando sulla parete i punti principali con il metodo delle assi cartesiane o altro metodo e poi proseguire realizzando il resto a mano libera;
      2. metodo dello spolvero. Si esegue il disegno su un foglio della dimensione dell’opera che si vuole produrre, si “forano” le linee del disegno con una punta e successivamente si appoggia il foglio sul muro. Attraverso i fori, viene fatto passare un pigmento, come la polvere di carbone. Si toglie il foglio e, con un pennello bagnato, si uniscono i punti per avere un segno continuo;
      3. sinopia. Consiste nel disegnare con della terra rossa un abbozzo preparatorio per l’affresco. Si esegue subito dopo l’arriccio. Il nome deriva da una località sul Mar Nero (Sinope) dalla quale proveniva la terra rossa usata nel procedimento. Si rafforzano e si completano i tratti della sinopia, sempre con terra rossa;
    4. tonachino. È l’ultimo strato di intonaco, quello che riceverà il colore: è formato da sabbia fine, polvere di marmo e calce. È fine e trasparente, viene tenuto umido per tutto il tempo della pittura. Si stende l’intonaco sulla porzione di superficie che il pittore pensa di poter dipingere in breve tempo (massimo un giorno) per evitare che asciughi. Quando il pezzo è stato ultimato, si procede a stendere il tonachino su una porzione contigua e si dipinge quest’altro pezzo. Si prosegue così fino a quando tutta l’opera è ultimata;
  2. fase pittorica. Si inizia il lavoro dall’alto per poter riprendere eventuali sbavature ed evitare che si sporchi la parte finita. I colori per affresco devono essere fatti con pigmenti compatibili con la calce. Si usano soltanto colori minerali in quanto la calce “brucia” quelli organici e vegetali. I colori diluiti in acqua devono avere una precisa consistenza: se sono troppo liquidi mancano di potenza, se troppo densi non si compenetrano bene;
  3. carbonatazione. Una volta dipinta la porzione di intonaco, avviene un processo chimico: la calce e i colori si combinano con l’anidride carbonica dell’aria e formano il carbonato di calcio, che salda fra loro la calce e i pigmenti. Questo processo si chiama carbonatazione ed è quello che rende l’affresco una delle pitture più stabili e resistenti nel tempo.
05/07/2018 / by / in

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